In occasione della Fiera del libro di Francoforte abbiamo incontrato Davide Morosinotto, autore di ben 30 libri fantasy per ragazzi (tradotti in sedici lingue) e vincitore di numerosi premi, non solo in Italia ma anche all’estero. Morosinotto non è mai stato un cuoco né un esperto di cucina, ma abbiamo scoperto che nel 2018 ha pubblicato un bellissimo libro sulla pasta CUORE IN PASTA (Vallardi, Milano), una sorta di viaggio sentimentale nell’Italia della pasta fatta in casa. Un viaggio decisamente atipico per la sua produzione letteraria e che ci ha molto incuriosito.
A.I.C.: Com’è accaduto che un autore di libri fantasy per ragazzi, molto noto a livello internazionale, si sia messo a scrivere un libro sulla pasta che, pur essendo scritto in forma romanzata (potremmo quasi definirlo come un romanzo da cucina) in realtà ha per oggetto un tema totalmente estraneo al suo mondo di scrittore?
Morosinotto: Tutto è nato da un’intuizione del nostro gruppo creativo di storytelling. Si decise di scrivere un libro dedicato alla pasta e serviva uno scrittore che vivesse a Bologna. Così mi si chiese di lanciarmi in questo viaggio: un universo gastronomico completamente estraneo al mio mondo di scrittore. Accettai e pensai subito anche da dove iniziare. Ebbi una grande idea: andai a trovare mia nonna e la cosa incredibile è che lei, oltre a darmi la prima ricetta per la pasta fresca, iniziò a raccontarmi una marea di dettagli sulla sua vita a me totalmente sconosciuti. Ne rimasi molto colpito perché improvvisamente mi resi conto di quanto il cibo fosse legato ai ricordi e alle emozioni. Decisi così di incontrare diverse persone che, in qualche modo, avessero a che fare con il mondo della pasta, invitandole a raccontarmi le loro storie e i loro ricordi, legati per l’appunto alla pasta. È iniziata un’avventura interessantissima con testimonianze che vanno dal produttore di grano, a chef stellati, a cuochi di semplici trattorie, a produttori artigianali, a signore che s’incontrano con le vicine per preparare assieme i tortellini.
A.I.C.: Vivendo a Bologna ti sei trovato in effetti in una situazione privilegiata. È noto che l’impasto della pasta fresca a base di acqua e farina sia tutto sommato una realtà universale, un miscuglio noto da sempre a tante popolazioni. Ma la sfoglia (ecco la differenza!) richiede altro. Pensando all’Emilia-Romagna, penso alle ‘zdore, alle sfogline. Qual è l’utensile che maggiormente ti ha incuriosito in questa avventura?
Morosinotto: Beh, la sfoglia è cultura. Occorrono utensili per tirarla e manualità raffinatissima, forza e velocità. Girando per il libro in tantissimi ristoranti, posso dire che nessuno di loro tira più la pasta, anche quelli di alto livello. Tecnici ed esperti mi hanno detto che nessuno ormai si rende conto più realmente della differenza tra la sfoglia tirata a mano e quella a macchina. Per questo motivo mi ha colpito e mi colpisce ancora di più il matterello perché la pasta fresca è un cibo faticoso da fare, un cibo che richiede tempo: vedere i mattarelli scorrere tra le mani delle sfogline con una leggerezza e una velocità impressionante ha un suo fascino e mi emoziona sempre.attarello
A.IC.: Secondo te i giovani italiani oggi, senza i nonni o con i nonni lontani o con genitori che in cucina non hanno tempo, sono consci di questa loro cultura alimentare, di quanta cultura ci sia dietro un piatto di pasta fresca? Come possono essere tramandati questi saperi e sapori di cucina? Come si può ricucire qualcosa che è forse stato interrotto?
Morosinotto: Intanto devo dire che gli italiani hanno un vantaggio rispetto ad altri popoli e ad altre culture. Io ho vissuto molto in giro, anche in Australia per un po’: Iì ci sono case in cui non esiste la cucina, nel senso che un microonde e un bollitore per il caffè sono la cucina. In Italia non esiste una casa senza cucina, non può esserci proprio, per legge. In questo, quindi, siamo fortunati. Poi penso che, paradossalmente, uno dei pochi vantaggi di quello che è successo negli ultimi anni di pandemia, è che moltissimi ragazzi, costretti a stare in casa, hanno cominciato a cucinare. Ne ho conosciuti molti delle scuole medie che hanno imparato a fare il pane e a fare la sfoglia. Credo che i genitori non sapessero più come intrattenerli e così hanno tramandato qualcosa che altrimenti sarebbe andato perso. Ho parlato con molte persone che offrono corsi di cucina a vari livelli e penso che ciò possa essere l’altra cosa utile per riallacciare il filo. La curiosità c’è, ma se non hai in famiglia nessuno che ti possa insegnare, bisogna ricorrere ai corsi. Per esempio a Bologna c’è un‘offerta vastissima, dai corsi professionali a quelli semplicemente amatoriali. Vicino casa mia, c’è un Circolo Arci in cui il giovedì alcune signore si mettono insieme a insegnare come si fa la pasta e si tira la sfoglia.
A.I.C.: Questo mi fa pensare ad un altro dei punti che tu analizzi nel libro, Il discorso che fai quando parli del fare la pasta come qualcosa che ci unisce, che ci avvicina e ci trasmette tradizione e sapere, un cibo che ha un suo valore aggiunto.
Morosinotto: Certo. È così.
A.I.C.: Una domanda personale: quando metti le mani in pasta, qual è il tipo di pasta fresca che preferisci e perché (escludiamo però le tagliatelle perché sei di Bologna)?
Morosinotto: La pasta che facciamo noi in casa, io e la mia compagna che è molto più brava di me, sono dei tortelloni, preferibilmente di pesce, perché mangiamo pochissima carne. Ci piace la pasta ripiena perché necessita molto più tempo. Se la si prepara nello stesso giorno in cui la si mangia, significa investire il pomeriggio: la prepariamo con gli amici, ci si divide i compiti, c’è quello che fa il ripieno, quello che tira la sfoglia, quello che condisce.
A.I.C.: Mi fai venire in mente le immagini di mia madre che con le vicine di casa si passavano dei pomeriggi interi insieme: c’era chi impastava, chi tirava, chi controllava il ripieno, … un incontro, una sorta di unione come dicevamo prima. Ora però ritorno alla prima domanda: hai mai pensato di scrivere un libro fantasy in cui il o la protagonista sia la pasta?
Morosinotto: Allora, nel gruppo di scrittori con cui lavoro uno, Iaccarino, scrive libri per ragazzi dove il cibo è protagonista, gialli e avventure. Io non l’ho mai fatto ma grazie per l‘dea. Ci penserò. Io credo che tra le cose che il capolavoro ad esempio di Harry Potter fa molto molto bene ci sia la descrizione del cibo. È fatta in un modo magnifico. Per il mio lavoro questo l‘ho già fatto, cioè di solito descrivo con attenzione i sapori dei piatti nei libri, sia che siano piatti che so che i nostri lettori conoscono bene, sia che siano cose bizzarre e originali che magari vengono da posti lontanissimi. Questo ti da‘ una sensazione di vero e quindi noi scrittori siamo molto attenti a cosa mettiamo in tavola sulle pagine, dico noi perché è una attenzione nostra, del gruppo con cui lavoro, perché è una cosa collettiva.
A.I.C.: Bene, allora ti salutiamo e se farai un libro fantasy sulla pasta ce lo farai sapere. Pensiamo in modo positivo al futuro e la prossima settimana, in occasione del World Pasta Day, ci metteremo tutti ad impastare. Buon appetito a tutti!




